VICENDE STORICHE E COSTRUTTIVE

La figura di S. Nicola ha decisamente influito nello sviluppo e nella fama del complesso agostiniano di Tolentino e certo non soltanto di questo. Sono nati quasi contemporaneamente e si sono tenuti per mano nel loro sviluppo nei secoli.

Nicola dovette essere assegnato definitivamente alla comunità di Tolentino attorno al 1275. Ma gli Eremiti Agostiniani della Congregazione di Brettino si erano già attestati certamente fin dal tempo di quella che chiamano la “Grande Unione” (1256) e anzi probabilmente qualche tempo prima e avevano già cominciato a costruire gli edifici necessari alle esigenze della loro vita comunitaria.

Il centro propulsore era la chiesa, non grande, a pianta quadrata, dedicata a S. Agostino. Questa aveva sul lato verso ovest una porta che dava su una specie di corte, la cui estremità verso est si stava strutturando con colonne, tettoia e campate, che formassero da deambulatorio per l’utilità dei frati. Sotto questa tettoia, contigua alla chiesa, erano l’accesso alla sala capitolare e successivamente al refettorio con i servizi annessi (cucina, dispensa, ecc.). In uno di questi annessi si sviluppava la scala che portava al piano di sopra dove erano i dormitori.

Si può pensare che grosso modo questo sia stato l’assetto dell’edificio al tempo in cui viveva S. Nicola. Ma naturalmente l’idea degli Eremitani mirava a espandersi, e l’elargizione di Donna Bionda dei Franchi, che con data 1284 assegnava metà dei suoi beni per finanziare la fabbrica, attesta questa loro aspirazione.

Soprattutto sembra strano che il progetto degli Eremitani, così arioso in tutte le sue componenti, si contentasse di una chiesetta così contenuta. Essi dovevano già avere l’idea di una chiesa ben più grande, riservando quella primitiva per i servizi interni della comunità. Tant’è vero che non ebbero problemi di ridurne ancora la capienza, tumulandovi nel 1305 le spoglie di S. Nicola in un’arca di legno che non doveva essere molto più piccola di quella di pietra che vi è attualmente.

L’esplosione di devozione, quando il santo morì, e la ressa dei fedeli che si accalcavano costantemente attorno al suo sepolcro, costrinsero ad affrettare, se non a precipitare le cose. Si lanciò una campagna di affreschi per decorare la chiesa che prese ben presto il nome di cappella (più tardi Cappellone) di S. Nicola. E si cominciò a costruire la chiesa grande che doveva riempire tutto il lato nord insieme al portico che le fu addossato e che continuava il progetto di quello del lato est, e postulava il completamento sugli altri due lati, anche se questa non era l’esigenza costruttiva degli ordini mendicanti di quel tempo.

Attorno al chiostro furono sviluppati gli edifici che lo completavano, studiati non solo in vista dei bisogni della comunità eremitana, ma anche in vista dell’accoglienza dei devoti che affluivano sempre più da ogni parte del mondo (i grandi dislivelli di planimetria testimoniano che sono stati costruiti in tempi diversi).

Alla fine del XV secolo, e precisamente nel 1485, successe una cosa che, per difetto di documentazione, non si riesce ancora a decifrare esaurientemente. Gli Eremitani di S. Nicola, che appartenevano allora alla provincia della Marca di Ancona, furono messi abbastanza rudemente alla porta e al loro posto subentrarono Eremitani altrettanto agostiniani, ma che nell’Ordine appartenevano ad un altro raggruppamento che si chiamava “Congregazione Osservante di Lombardia”. Entrarono cum fustibus et scutis (che è meglio non tradurre). E questi (i Lumbard!) restarono a Tolentino fino al 1810, quando a loro volta furono cacciati da Napoleone. La popolazione non ci andava troppo a braccetto, però bisogna riconoscere che ci stettero dignitosamente, che seppero promuovere grandemente la conoscenza e il culto di S. Nicola e curarono con grande impegno lo sviluppo del santuario. Disponevano di capitali e di maestranze veramente eccezionali – il semplice scalpellino era già un artista – e promossero molti lavori.

Nella “Restaurazione” (1815) vi ritornarono gli Agostiniani della Regione Picena, che si mostrarono altrettanto zelanti nella promozione del santuario.

Storia ormai dei nostri tempi è il rinvenimento del corpo di San Nicola (1926) per la tenace solerzia del benemerito padre Nicola Fusconi e la costruzione della Cripta (1932) in cui il corpo, ricongiunto finalmente con le sante braccia, è tornato ad essere il centro della devozione al santo che benché defunto continua ancora a parlare dal sepolcro.

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