CAPPELLA DELLE SANTE BRACCIA

Alla cappella, edificata per la venerazione delle braccia del Santo, si accede attraverso un portale seicentesco in pietra. Si compone ora di tre ambienti. Dopo un ampio atrio, che costituiva in origine la sacrestia della chiesa, si accede, attraverso un’imponente serliana, alla cappella quattrocentesca, il cui assetto venne del tutto mutato allorché, a partire dal 1670, per consentire un maggiore afflusso di devoti, si arretrò il presbiterio, ponendo il reliquiario con le Sante Braccia e una parte del muro affrescato con l’immagine del santo al centro di una piccola abside, il tutto chiuso da una cancellata.

L’assetto decorativo dei due primi ambienti è frutto di reiterati interventi, concentrati nel 17°e nel 19° secolo. Nel 1819 le pareti furono ricoperte di finti marmi in scagliola da Stefano da Morrovalle. Nel 1850 la decorazione pittorica fu affidata a Emidio Pallotta (1803 -1868), che sovrintese al completamento del rivestimento in finto marmo e decorò la volta del primo vano con un cielo stellato. Nel secondo, la cupola era già stata ornata nel 1662 con un Paradiso in stucco, opera del comasco Marco Antonio Baraciola. Al Pallotta si devono le tre figure della Trinità al centro, eseguite in terracotta, e le tele nei pennacchi.

I due grandi quadri inseriti al centro delle pareti laterali sono di Matteo Stom (L’incendio del Palazzo Ducale di Venezia) e di Giovanni Carboncino (La peste di una città veneta?). Donati nel corso del 17° secolo, i due dipinti celebrano l’intervento miracoloso del Santo nei confronti di avvenimenti luttuosi abbattutisi sulle due città ed hanno dunque un carattere analogo a quello dei numerosissimi ex voto, di formato ridotto e di assai minori pretese artistiche, che ornavano l’atrio antistante e che si conservano ora in gran parte nell’apposita Galleria.

Le sei statue in gesso, allusive alle virtù del santo, e i bassorilievi nelle lunette sulle sommità delle pareti vennero eseguiti, su disegno dello stesso Pallotta, da Giambattista Latini da Mogliano.

Esse raffigurano, da sinistra, la Penitenza, la Preghiera, l’Innocenza, l’Umiltà, la Purezza e la Beneficenza. Ai lati delle finestre i bassorilievi raffigurano la Fede e la Fortezza, la Speranza e la Religione, la Giustizia e la Temperanza, la Carità e la Prudenza.

Nell’ultimo vano, chiuso dalla ricca cancellata dorata, eseguita nel 1698 da Tommaso Ferri di Fermo, le pareti sono interamente ricoperte di ex voto. L’altare, consacrato nel 1859 e restaurato nel 1922, presenta un paliotto e i gradini d’argento eseguiti nel 1696 dai maceratesi Sebastiano Perugini e Francesco Tartufati.

Ai lati dell’ingresso della cappella sono stati recentemente esposti, dopo il restauro effettuato nel 1994, i sacri arredi legati alla devozione al Santo e in particolare le vesti liturgiche che verosimilmente S. Nicola indossava quando celebrava la Messa.

Il tesoro ecclesiastico della Basilica di S. Nicola è una raccolta di oggetti preziosi e rari destinati all’arredo degli altari e necessari alla celebrazione liturgica.

Una ricognizione straordinaria delle reliquie, custodite nel forziere quattrocentesco posto nella cappella delle Sante Braccia, ha riportato alla luce una serie di manufatti tessili di varia tipologia e di epoche diverse: alcune coppie di coprireliquiari in seta dei secoli 17°-19°, due tovaglie d’altare di lino finissimo, da ascrivere ai secoli 14° e 17°, una stola porta-reliquie, un copri-cuscino ed infine due vesti liturgiche di foggia arcaica e d’aspetto molto dimesso: l’alba e la casula, della fine del 13° secolo, che danno una emozionante sensazione del Santo nel momento più sacro della sua vita sacerdotale.

FOTO
Cappella delle Sante Braccia
MATTEO STOM   Incendio del Palazzo Ducale di Venezia

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